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Educazioni sessuale

I fatti accaduti recentemente non risultano un episodio sporadico, è l’esplosione di una bolla situazionale costantemente in aumento in Italia come in tanti altri paesi.


Come psicologi/he e figure professionali che si occupano di salute mentale nell’età dello sviluppo, ci sentiamo di voler dare una lettura il più ponderata possibile. Sono passati giorni in cui filmati e foto, oltre che nomi e cognomi, sono stati dati alla mercè di tutti i cittadini senza alcuna necessità se non per crear scalpore e decidere che ognuno può essere giudice e boia di qualunque persona, in qualunque caso, senza nessuna conoscenza e competenza per farlo.


Li si è chiamati con appellativi animaleschi, quasi a depersonificare il fatto, ed è proprio su questo che cade il mio pensiero: se siamo propensi a lavarci la coscienza e toglierci responsabilità attraverso il deumanizzare questi comportamenti messi in atto da persone, è un fallimento di una comunità intera, perché distruggere o cancellare è sicuramente più semplice di educare e costruire, ma è assolutamente meno funzionale.

Ci sono elenchi infiniti di commenti di persone ordinarie come noi, personaggi pubblici e rappresentanti delle istituzioni che tendono ad alzare i toni, in una sorta di gara a chi riesca a trovare la punizione più forte, il pugno più duro, ancora una volta facendo prevalere la violenza su tutto.


Da più di due decenni, gli investimenti pubblici nell’educazione hanno la tendenza ad essere tagliati (attualmente investiamo il 15% in meno della media europea), nella scuola dell’obbligo è praticamente scomparsa l’educazione civica e siamo ultimi per età di accesso all’educazione sessuale in Europa, 14 anni, 10 anni dopo i primi nella lista. Questa materia è comunque non obbligatoria ma “può essere prevista tra le iniziative dell’autonomia delle singole scuole”… come si traduce? Appunto che nella fascia dei primi 2 cicli di scuola dell’obbligo, risulta inesistente, nonostante le evidenze di importanza per educazione, salute e rispetto portate dalla ricerca. E’ il risultato di una cultura disparitaria, che estremizza il potere per affermarsi sull’altra/o.


La convinta necessità di doversi riconoscere non per le proprie caratteristiche ma distruggendo l’altro. Questo accade spesso nel lavoro, nella scuola, nelle relazioni amicali o amorose. E’ la continua necessità di scavalcare il limite nel prendersi ciò che riteniamo nostro, decidendo arbitrariamente che la volontà, la dignità e la parola altrui abbiano sempre un peso inferiore, che i nostri bisogni siano sempre primari a discapito di chiunque. Finché comunità e culture saranno più propense a creare odio piuttosto che mettersi in gioco ed educare dalle basi della convivenza le nostre future generazioni, la strada continuerà ad essere lunga ed impervia.


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